Tutta la struttura verte su di un unico ambiente, il più prestigioso triclinio – ninfeo, che si trova al centro della direttrice N – S che attraversa la villa dal mare fino al suo interno e divide in due gruppi simmetrici l’abitazione. L’eccezionale stato di conservazione dell’ambiente, anche grazie alla copertura a volta, consente di apprezzare a pieno la volumetria e costituisce uno dei motivi dei maggior importanza del complesso. La copertura rinvenuta è il più antico esempio conosciuto: questo tipo di volta, infatti, si trova in ambito occidentale solo in epoca più tarda, mentre in oriente ha numerosi precedenti.
La particolarità della sala del banchetto invernale sta anche nel fatto che non è un triclinio nel senso tradizionale, ma un biclinio con due letti laterali in terrapieno in muratura con, sul lato nord, una fontana – ninfeo con una cascata d’acqua. I letti triclinari erano forniti di una canaletta che permetteva ai banchettanti sia di lavarsi le mani sia di deporre eventuali rifiuti orali. Da una scaletta a nord scendeva l’acqua che defluiva prima nella fontana, poi nelle canalette e infine alimentava il viridarium attraverso una canalizzazione sotterranea. La sala comunicava con l’esterno attraverso un ampio accesso sormontato da un arco in laterizio in asse con un altro posto a sud che costituiva l’ingresso alla villa dal mare. La sala ha avuto tre fasi decorative, di cui, le prime due appartenenti a momenti diversi del periodo in cui era stata completata la costruzione della villa, la terza è almeno molto anteriore al III secolo d.C.
Alle prime due fasi, di certo corrisponde rispettivamente la parte bassa della decorazione parietale e la parte alta, compresi gli stucchi a rilievo della volta ( che rientrano a pieno nella fase iniziale del IV stile pompeiano) in cui accanto alle fasce ornamentali predominanti si affermano nella parete stessa elementi plastici come le finte nicchie contenenti figure di grandi dimensioni. Con la seconda fase, dovuto ad un cambiamento di progetto, forse anche per motivi statici, è stato dato un movimento anche alla struttura architettonica con una serie di sostegni interni, antistanti alla parete, in parte ancora visibili dinanzi al ninfeo, dove fu creata una quinta con funzione scenografica che portava a creare con luci ed ombre un’atmosfera misteriosa, quasi iniziatica, dove l’acqua scendeva a cascatella da una scala con rivestimento marmoreo, di cui oggi si conservano solo le tracce.
Alla terza fase (la ristrutturazione non è limitata solo a quest’ambiente) appartengono gli attuali letti triclinari con rivestimento marmoreo (oggi parzialmente perdute) e le guance scolpite a giorno con mostri marini che ricordano molto da vicino le sculture decorative del palazzo imperiale di Baia dell’imperatore Alessandro Severo. A questa risistemazione della villa corrisponde anche l’inserimento all’interno del triclinio del relativo pavimento musivo che si articola in due zone: una con orientamento N – S con scena venatoria, allusiva all’approvvigionamento della selvaggina per il banchetto e l’altra con orientamento E – O è posta all’ingresso della sala e mostra una scena di tiaso marino, quasi a voler essere un raccordo tra il viridarium e gli ambienti termali adiacenti. Tutta la pavimentazione è realizzata con tessere quadrangolari bianche e nere di lato 1 cm circa, con l’aggiunta di tessere di colore rosso per la caratterizzazione di alcuni particolari anatomici. Nella scena di caccia gli animali sono posti sulla stessa linea di sequenza, come una costruzione paratattica. Alla scena dà una parvenza di prospettiva e profondità la figura del cacciatore che tiene il cane al guinzaglio e sorregge con la mano destra la lancia.
Chiude la scena un motivo a mezzaluna riempito a reticolo, che allude evidentemente ad una rete tesa. Tra le figure elementi vegetali e rocce. Per terra pietre ovoidali. Nel tiaso marino, invece, c’è una maggiore schematicità e una resa fortemente linearistica. Il campo su cui ondeggia il corteo è inquadrato da una cornice molto elegante in cui s’intrecciano calici d’acanto uniti da volute di girali, interrotte ad ogni spigolo da teste umane di prospetto fortemente stilizzate. Il corteggio marino è ridotto alla rappresentazione di due nereidi, in groppa, o affiancate da mostri marini: un cervo e un toro. Un velo pesante gira attorno al capo della figura di una nereide, oggi meglio conservata, e si apre a ventaglio in corrispondenza della testa. Il fondo marino è rappresentato da linee piatte o dentellate, mentre gli spazi liberi sono campiti da delfini, pesci e profili di cavalli marini( rispettivamente agli angoli nord est e nord ovest e sud est e sud ovest). Le pitture e gli stucchi possono essere assegnati al III stile pompeiano ed essere datati entro l’arco cronologico che va dal 35 al 50 d. C. circa.